Crescita e benessere personale

Ti permetti di essere triste?

Il tuo intelletto può confonderti, ma le tue emozioni non ti mentiranno mai.

Roger Ebert

Le emozioni sono reazioni psicofisiche dell’individuo, stati mentali e fisiologici che possono essere piacevoli oppure spiacevoli, in riposta ad eventi esterni oppure interni considerati in diverso modo importanti. Ciò implica che siano il frutto di un’elaborazione delle informazioni presenti nell’ambiente.

E’ possibile distinguere tra emozioni fondamentali – di base – ed emozioni complesse – sociali. Le emozioni di base sono gioia, tristezza, paura e rabbia – alle quali alcuni studiosi aggiungono sorpresa, disprezzo e disgusto -, mentre le emozioni sociali più conosciute sono vergogna, senso di colpa, invidia e gelosia.

Ogni emozione è essenzialmente un’esperienza soggettiva del singolo, ma comporta anche una serie di risposte osservabili di vario tipo, che possono aver luogo contemporaneamente. Si tratta di: risposte fisiologiche, come alterazioni della frequenza respiratoria e cardiaca, della conduttività elettrica della pelle e della pressione sanguigna, che possono dar vita a sensazioni corporee quali tachicardia, rossore, sensazioni di caldo o di freddo; risposte tonico-posturali, come la tensione o il rilassamento corporeo; risposte comportamentali predisposte mentalmente, abbozzate o compiutamente attuate; risposte espressive di tipo mimico-facciale, vocale e gestuale oppure di tipo linguistico (come scelte lessicali e sintattiche).

Le emozioni hanno diverse funzioni, tra cui quella di permetterci di rispondere in modo immediato ad una situazione esterna, quella di promuovere le relazioni sociali e di auto-regolarci sulla base delle sensazioni interne. Ma hanno soprattutto una funzione comunicativa: grazie a meccanismi cerebrali che ci rendono capaci di leggere le emozioni altrui, anche gli uomini primitivi ed i bambini piccoli, che sono incapaci di usare un linguaggio complesso, erano e sono in grado di comprendere le emozioni altrui e a gestire il proprio comportamento in base ad esse. Quindi nel tempo (quello della Storia e quello della vita di ogni individuo) le emozioni si sono rivelate uno strumento fondamentale per la sopravvivenza: basti pensare a come il pianto di un bambino riesca a mettere in allarme i suoi caregiver permettendo loro di comprendere di cosa abbia bisogno o a come lo sguardo spaventato di un uomo preistorico fosse in grado di mettere in allarme i suoi compagni su un pericolo in agguato.

Logicamente ogni emozione comunica un messaggio diverso, motivo per cui è importante conoscere il loro significato: ogni emozione, infatti, trasmette ciò che la persona vive ed esprime un bisogno conseguente e solo conoscendolo è possibile prendersi cura di sé – o di un altro – in modo appropriato, in base al vissuto che sta sperimentando.

Proprio per permettere a tutti di conoscere il significato delle emozioni di base, parte oggi un viaggio nel mondo delle emozioni. A partire dalla tristezza.

ragazzo che piange

Cosa comunica la tristezza

Quando siamo tristi significa che stiamo sperimentando una mancanza importante. Ciò che ci manca può essere una persona che per diversi motivi non è accanto a noi, un animale che non c’è più, ma anche un luogo particolare che è legato a ricordi piacevoli ed emozioni positivi, o ancora un’attività che ci risulta particolarmente gradevole. Ci può mancare anche qualcosa che abbiamo desiderato e non si è realizzato. La sostanza è che chi è triste sperimenta una perdita. Non importa la durata della perdita (può essere definitiva o temporanea), né la rilevanza di quell’assenza in termini di qualità della vita: se sono triste è perché nel qui e ora mi manca qualcosa o qualcuno.

Chi vive una perdita ha bisogno di ricevere attenzioni ed affetto da parte di chi gli sta accanto. Ha bisogno di cure, di sapere che c’è chi pensa a lui e gli vuole bene. Purtroppo non sempre alle perdite sperimentate si può porre rimedio (si pensi alla morte di un caro), ma è sempre fondamentale comunicare a chi è triste che non è solo.

Perché spesso la tristezza si accompagna alla solitudine e alla chiusura in sé. E per quanto in alcuni momenti sia importante saper stare da soli, per superare la tristezza è necessario sapere che qualcuno nutre affetto sincero nei propri confronti, è necessario che qualcuno dimostri questo affetto e che chi soffre si lasci “invadere” ed aiutare da esso.

Non occorre negare la tristezza

Tutti sperimentiamo la tristezza. Ed è assolutamente normale.

Ci sono persone che sono tristi frequentemente, ma finché la tristezza ha una durata ed una gravità congrue rispetto alla perdita che si sta vivendo non c’è da preoccuparsi, non c’è nulla di patologico. Perché le perdite devono essere elaborate e questo richiede del tempo, che varia di caso in caso (diverso è quando si sperimenta la depressione, quando la tristezza diventa patologica, ma non ne tratto in questo articolo).

Ci sono però anche persone che negano di essere tristi, che non vivono la tristezza perché la coprono con altre emozioni, prevalentemente la rabbia. E questo accade a coloro cui è stato insegnato che non devono mostrarsi abbattuti, che la tristezza equivale a debolezza, che per essere vincenti non si può perdere tempo nella sofferenza.

In realtà darsi la possibilità di contattare il proprio dolore senza fuggire da esso è assolutamente necessario nella nostra esistenza. Perché ci permette di comprendere cosa ci manca, di cosa abbiamo bisogno e come possiamo tornare a stare meglio. Se invece il contatto con la sofferenza viene evitato non siamo in grado di comprendere cosa ci sta succedendo, cosa ci ha provocato malessere (perché quello comunque resta!) e come possiamo uscirne.

Dare spazio – il giusto spazio – al dolore ci dà modo di elaborare l’evento perdita e di ricontattare le nostre energie per riprendere il cammino. Oppure di capire che abbiamo bisogno di un aiuto, di una presenza al nostro fianco. Se invece nascondiamo il dolore non chiediamo aiuto e rischiamo di allontanare coloro che vorrebbero darcelo con la rabbia o con la chiusura in noi stessi.

Inoltre contattare il dolore, permetterci di essere tristi, ci consente di dare un senso a quello che si sta vivendo, di interrogarsi sul significato delle propria vita, a volte di cambiare rotta, se lo si reputa necessario.

Essere tristi non è una colpa! E’ la prova che siamo esseri umani capaci di provare emozioni e di dare spazio a tutte le emozioni! Ma soprattutto è segno che siamo capaci di ascoltarci, sempre, senza nasconderci per paura di quello che sentiremo.

donna triste, testa tra le mani

Cosa fai se sei triste?

Di sicuro sarà capitato anche a te di essere triste. Per tanti motivi. Ti invito a riflettere su come vivi questa emozione… e magari a darti il permesso di sperimentarla fino in fondo senza sensi di colpa.

Cosa fai quando sperimenti tristezza? Ti dai modo di esprimerla?

Ne parli con qualcuno? Oppure piangi da solo/a?

Ti senti in dovere di nascondere ciò che provi? Neghi anche a te stesso/a che alcune situazioni siano per natura dolorose?

In situazioni dolorose (perdite e mancanze di diverso tipo) ti è mai capitato di provare emozioni diverse dalla tristezza? O di chiuderti in te stesso/a?

Cosa ti piacerebbe che gli altri facessero per te quando sei triste? Hai mai provato a chiederglielo?

Quando sei triste ti senti in colpa? Pensi che non dovresti esserlo? Ti dici che ci sono persone che stanno peggio di te? O che hai il dovere di stare bene per prenderti cura di chi ha bisogno di te?

Se ti capita di rimproverarti per la sofferenza che provi, ripetiti che la tristezza è una delle emozioni di base: questo vuol dire che ha diritto di esistere, che ci serve per sopravvivere, che ci aiuta a superare momenti difficili. Tu puoi essere triste!

La tristezza – quella sana – non dura per sempre. E contrariamente a quello che si pensa non è sinonimo di debolezza, ma spesso diventa una palestra che dona ancora più forza, quasi sempre permette di maturare.


Gli esseri umani hanno una vasta varietà di risposte emotive che si sono evolute nel corso dei secoli: una ragione ci sarà! Dobbiamo imparare ad accettare che anche le componenti negative, le emozioni negative fanno parte della vita e dovrebbero essere accettate come tali.

Joseph Paul Forgas

Condividi questo articolo

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

CHIUDI
CHIUDI