Quella sana paura…
Dal timore di parlare in pubblico a quello di trovarsi tra sconosciuti, dall’ansia pre-esame a quella in attesa di un responso medico, dal terrore di salire su un aereo a quello di perdersi: tutti abbiamo sperimentato più volte la paura nella nostra vita… e meno male!
Come le altre emozioni primarie (o di base), infatti, la paura ci offre informazioni sull’ambiente che ci circonda e ci permette di adeguare il nostro (e altrui) comportamento a quello che sta succedendo, esprimendo inoltre un bisogno ben preciso, a cui chi ci è accanto può dare una risposta.
In particolare la paura ci informa che attorno a noi è presente una minaccia, un pericolo reale o potenziale, e che se vogliamo sopravvivere dobbiamo prenderla in considerazione e agire di conseguenza. Di solito la paura prepara il corpo a reagire attraverso la cosiddetta risposta fight or flight, ossia attaccando ciò che ci minaccia o fuggendo per evitare il pericolo. In alcuni casi, però, si ha una risposta definita di freezing, che consiste nel rimanere immobili, proprio come se si fosse congelati. E’ la risposta che danno gli animali quando si trovano in situazioni da cui sanno di non avere scampo, ma che si manifesta anche negli esseri umani ad esempio in caso di disastri aerei o navali, laddove la paura congela il pensiero e si è incapaci di attuare comportamenti che potrebbero portare in salvo (è ciò che molto spesso accade anche alle vittime di stupri).
Logicamente il bisogno collegato alla paura è quello di protezione: quando qualcosa o qualcuno mi minaccia, ho bisogno di una persona che mi difenda, che mi dia sicurezza, che mi faccia sentire fuori pericolo. Lo potrà fare fisicamente allontanando realmente da me ciò che mi spaventa oppure ad un livello psicologico, infondendomi serenità con la sua sola presenza rassicurante. E’ il motivo per cui il bambino spaventato si nasconde tra le braccia della mamma o del papà, certo che così nulla potrà fargli del male.
Non temere la paura
Dato il ruolo della paura per la nostra sopravvivenza dovrebbe essere un’emozione molto considerata, a cui tutti imparano sin da piccoli a prestare attenzione, così da non incorrere in pericoli evitabili. Invece non sempre le cose stanno così.
Se i bambini piccoli hanno un buon rapporto con la paura e sanno ascoltarla, cercando la protezione di un adulto laddove intravedono un pericolo (almeno fino a che non imparano a cavarsela da soli o fino a che non viene insegnato loro a non dare retta alle proprie emozioni), gli adulti non sempre assecondano le proprie paure.
Non parlo delle numerosissime fobie che possono esistere: si tratta di patologie più o meno gravi e che possono avere impatti anche devastanti sulla vita delle persone. Non parlo neanche degli attacchi di panico, con tutti i sintomi che comportano. Di quelli di solito si tiene conto, anche perché sarebbe difficile fare diversamente! Parlo delle paure “normali”, quelle quotidiane o anche eccezionali che non nascono però da problemi psicologici, che non hanno origine in questioni passate irrisolte, bensì sono la sana reazione alle situazioni che viviamo. Possono essere piccoli timori o grandi turbamenti, la paura dell’ignoto come quella di soffrire in una relazione: in ogni caso parlano di noi, di quello che ci potrebbe accadere in un futuro prossimo o più lontano, che ci mettono in guardia e che, in alcuni casi, esprimono il bisogno di non essere soli di fronte al pericolo.
Gli adulti – specie se di sesso maschile – queste paure non possono sentirle: spesso di vergognano di aver paura e lo nascondono. Perché il vero uomo non ha paura di niente e può affrontare qualunque cosa. Perché chi ha paura è un debole. Perché essere autonomi vuol dire non aver bisogno della protezione di nessuno. Perché avere paura a volte fa paura!
Ciò che si teme, a mio parere, è soprattutto il giudizio altrui: “cosa penseranno di me se faccio capire che sono spaventata/o?”. Allora si preferisce rimuovere la paura dalla propria vita, incoraggiati anche da una società che non ha tempo per ascoltare la paura. Oggi manca uno spazio mentale adeguato a raccogliere ed accogliere le paure, salvo poi andare direttamente nel panico quando qualcosa sfugge di mano.
Del resto se non ascolto il timore silenzioso che da qualche parte prova a far sentire la propria voce, mi impedisco di prendere le dovute precauzioni, il che può portare ad effetti di certo più dannosi di quelli che avrei avuto dando spazio alla paura. E allora scatta il panico, non si sa come rimediare, come affrontare il problema, da dove cominciare. E pensare che basterebbe solo ascoltarsi e prendersi sul serio, ignorare i commenti e i giudizi, rendere sicuro il proprio percorso.
Perché il bello del dar retta alla propria paura è questo: io posso comunque scegliere di fare quello che temo se mi va o se mi trovo a doverlo fare per forza, ma posso decidere di farlo in maniera protetta, senza rischiare troppo, dando adeguata al risposta al bisogno di protezione che sperimento (una protezione che a volte sarà esterna, data da altri, e a volte interna, perché anche da soli possiamo renderci più sicuri).
Proprio come il bambino che ha paura di entrare in una stanza, ma allo stesso tempo ha troppa voglia di vedere cosa c’è dentro, e allora va a prendere un genitore per mano, si fa accompagnare per poi partire in esplorazione, sicuro di avere al suo fianco chi può proteggerlo da ogni pericolo.