Canzoni per crescere
Dopo il viaggio nel mondo delle emozioni che ci ha accompagnato per vari mesi, inizia da oggi un viaggio – molto più breve – in un universo strettamente legato alle emozioni: quello della musica.
Ciascuno di noi ha la propria “colonna sonora”, fatta spesso di canzoni legate a specifici momenti della propria vita, ma anche di brani che in qualche modo vanno ad assumere una sorta di potere terapeutico, aiutando magari ad affrontare situazioni particolari oppure a riflettere su ciò che si sta vivendo.
Senza la pretesa di essere esaustiva, né quella di poter incontrare i gusti musicali di tutti, propongo da oggi in ciascuna delle rubriche del blog alcune canzoni (per lo più italiane e non recentissime), il cui testo a mio parere può diventare occasione per fermarsi ad osservare le proprie esperienze e per verificare come si vive il rapporto con se stessi e con gli altri. Cominciamo allora ad analizzare due brani che parlano di crescita personale ed uno che ci dà un consiglio per portare bellezza nella nostra vita.
La fatica del costruire
Quel poeta moderno che è Niccolò Fabi, tra i suoi tanti brani degni di un ascolto attento e meditato, qualche anno fa ci ha regalato quello possiamo definire un capolavoro: Costruire.
Con le sue semplici, ma mai banali, parole l’autore ci invita a riflettere su quanto molto spesso puntiamo l’attenzione solo alle grandi emozioni, quelle che derivano dal dare inizio a qualcosa di nuovo o che si sperimentano quando si taglia il traguardo e si tocca con mano il frutto del proprio lavoro. Ma quanti di noi sanno far caso e dare valore proprio a quel lavoro che resta sottotraccia, a quel costruire che giorno dopo giorno ci permette di dare forma alla nostra esistenza?
Ma tra la partenza e il traguardo
Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è sapere
è potere rinunciare alla perfezione
In poche parole sono racchiusi molteplici significati e diversi spunti di riflessione: ne colgo due in particolare che condivido con voi.
Il primo è racchiuso in quel silenziosamente che ci parla di una vita che non ha bisogno di clamore, una vita che prende forma in una quotidianità priva di quei riflettori di cui i social ci hanno abituato a credere di non poter fare a meno, ma che è in realtà l’unica dimensione in cui possiamo scegliere chi essere, per poi metterci in cammino in quella direzione. Un silenzio che deve portarci ad assaporare ogni singolo istante che ci è donato di vivere, senza perderci nel ricordo di quello che è stato o nell’anticipazione ansiosa di ciò che dovrà essere. Costruire vuol dire, infatti, avere chiaro in mente l’obiettivo finale da raggiungere (il progetto) e allo stesso tempo saper adoperare tutte le energie necessarie per mettere in atto le azioni che servono a renderlo realtà.
Ma senza perdersi dietro l’idea della perfezione.
Eccoci allora al secondo spunto di riflessione che voglio trarre da questa canzone: costruire la propria vita non deve diventare un tentativo di darle la forma di un modello irraggiungibile preso chissà dove. Rinunciare alla perfezione significa liberarsi da ideali che impediscono di essere se stessi e scegliere di camminare con il proprio passo nella direzione che si è scelta. Significa liberarsi di catene imposte spesso dalla società per riappropriarsi della libertà di essere autenticamente sé stessi e, perché no, della libertà di sbagliare. Perché solo cadendo e rialzandoci possiamo costruire ciò che siamo!
Che poi è quello che possiamo leggere tra le righe di un’altra canzone.
Ringraziare per le ferite
Nella sua Pronto a correre, Marco Mengoni parla della fine di una storia d’amore. Ma potremmo applicare quello che dice a tante altre situazioni in cui rischiamo di dimenticarci di noi stessi e in cui solo una rovinosa caduta può aiutarci a rimetterci in piedi con una determinazione maggiore a prenderci cura di noi e del nostro benessere (perché per troppo tempo ho scelto te, dimenticando me)
E’ interessante notare come la prima immagine presentata sia quella di un’immobilità, la quale ritorna poi quando si parla della persona che ha deciso di lasciare il “protagonista”. Un’immobilità che si contrappone vivamente a quell’essere pronto a correre che arriva dopo una più piena comprensione della situazione malsana in cui ci si trovava. Sono tante le situazioni della vita che ci vedono immobili, fermi sempre allo stesso punto (a livello sentimentale, personale, lavorativo…), incapaci di crescere, a volte anche di scegliere in che direzione orientare le nostre giornate. Di solito da quelle situazioni si esce con uno scossone di quelli che lasciano parecchi lividi, lividi che si rivelano quanto mai utili e preziosi però!
Grazie per avermi fatto male, non lo dimenticherò
Sento nelle vene vita che si muove, ricomincerò
E sarò pronto a correre per me, per me
C’è una parola chiave nascosta in questi pochi versi: ricomincerò. Il segreto del rialzarsi dopo le cadute, di qualunque genere siano, è tutto qui, nel saper voltare pagina, facendo tesoro di quanto si è vissuto e appreso, per dar vita ad un nuovo capitolo. Sbagliare non è un problema, sentirsi intrappolati non è qualcosa di irrimediabile; i guai arrivano quando si crede di non poter (o non avere il diritto a) ricominciare. La nostra vita però è un po’ come imparare ad andare in bicicletta: solo cadendo si può imparare a pedalare in equilibrio. E di solito occorre cadere varie volte prima di riuscirci! Il che, chiaramente, non significa dover andare alla ricerca di relazioni malsane o situazioni a noi non congeniali (è evidente che bisogna impegnarsi per evitarle, se possibile), ma che, se per caso ci si trova immersi in qualcosa del genere, è sempre possibile far tesoro dell’esperienza e ripartire da lì.
E alla fine potrà succedere persino di ringraziare chi – magari involontariamente – ci ha fatto del male per ciò che proprio in virtù di quella circostanza abbiamo imparato.
L’attesa delle cose belle
Chiudo questa prima carrellata musicale con un altro brano di Niccolò Fabi, Il negozio di Antiquariato, che ci permette di cogliere l’importanza dell’attesa in un mondo ossessionato dal “tutto e subito”
Ogni acquisto ha il suo luogo giusto
e non tutte le strade sono un percorso
Raro è trovare una cosa speciale
nelle vetrine di una strada centrale
Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto
Abbiamo tutto il dovere e il diritto di riempire le nostre giornate di cose belle, di quella meraviglia che ci fa sentire vivi. Ma non possiamo pretendere che la meraviglia sia ovunque, che possa essere trovata in tutto quello che facciamo o in tutte le relazioni che viviamo. Torna allora l’importanza di camminare passo dopo passo senza perdersi nulla di quello che la vita offre, di costruire quella bellezza che desideriamo e di andare a cercarla dove davvero può nascondersi, che poi spesso corrisponde ai “luoghi” in cui meno ce la aspettiamo. Forse perché neanche sappiamo cosa vogliamo. Infatti:
Prima di partire si dovrebbe essere sicuri
di che cosa si vorrà cercare, dei bisogni veri
Un altro punto importante che viene evidenziato in questo brano è che le cose più belle ed importanti non sono e non devono essere “a pagamento”. Non possiamo comprare la bellezza (in tutti i significati più profondi che possiamo dare a questo termine), ma solo aspettare che si compia il tempo giusto per assaporarla, facendo spazio nel nostro cuore così da poterla riconoscere quando arriverà:
Ma le più lunghe passeggiate
le più bianche nevicate e le parole che ti scrivo
non so dove l’ho comprate
di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta
perché l’argento sai si beve
ma l’oro si aspetta
Ed è proprio questo il mio augurio: saper aspettare e allo stesso tempo riuscire a trovare l’oro destinato alle vite di ciascuno.