Cosa non deve fare un educatore
Negli ultimi articoli della rubrica “Educare al benessere” ho cercato di delineare alcune delle caratteristiche che un educatore dovrebbe possedere per far bene il suo lavoro ed avere un impatto positivo sulla vita di chi accompagna: abbiamo visto insieme quanto sia importante usare la fiducia come strumento educativo (puoi trovare qui l’articolo) e ed essere educatori credibili e capaci di credere in chi si ha davanti (qui il relativo articolo).
Ci sono però anche delle cose che un buon educatore deve proprio evitare di fare e credo sia utile soffermarsi ad analizzare anche quelle, per essere certi di restarne alla larga. Un buon esempio di quello che va evitato è rintracciabile sempre nella saga di Harry Potter, nel personaggio – tanto amato quanto odiato – dai fan di Severus Piton.
Un educatore che ha fallito
Se nei romanzi di J.K. Rowling c’è un insegnante che non può in alcun modo essere considerato un esempio da seguire (accanto alla odiatissima, ma per fortuna poco presente, Dolores Umbridge), quello è il professore di Pozioni.
Piton è un personaggio senza dubbio segnato da esperienze dolorose e travagliate, così come da scelte di vita difficili, che forse proprio per questo commette l’imperdonabile errore di riversare sui suoi alunni tutto il malessere che gli ribolle dentro. Lo vediamo innanzitutto dal pregiudizio evidente che nutre nei confronti di Harry Potter sin dal loro primo incontro: l’amore mai sopito per Lily – la madre di Harry – non riesce a fargli mettere in secondo piano l’odio per James – il padre -, tanto da arrivare a proiettare su quel ragazzino tutte le caratteristiche per cui ai temi della scuola era bastato uno sguardo a farli diventare acerrimi nemici. Ma lo vediamo anche nell’odio palese nei confronti di Neville Longbottom, colui che avrebbe potuto essere al posto di Harry Potter se lui avesse interpretato e riportato a Lord Voldemort diversamente la profezia che aveva segnato il destino del mondo magico.
Davanti a questi pregiudizi così netti, passa quasi in secondo piano l’odio verso la casa di Grifondoro, che tutto sommato appare quasi normale vista la profonda rivalità con la casa di cui lui è direttore, Serpeverde. Il problema è che Piton non si limita alla rivalità: pur di far vincere la propria casa non si tira indietro nel commettere ingiustizie, togliendo ed elargendo punti in modo spropositato. E le sue ingiustizie non si fermano a quello, come ben sa Harry, più volte considerato come il peggiore della classe senza meritarlo.
Veniamo quindi a quello che succede durante le sue ore di lezione. Piton dimostra di non essere un buon insegnante nella misura in cui non spiega mai precisamente cosa dovrà essere fatto, ma si limita a porsi come giudice inquisitore che darà un voto, andando per giunta a disturbare il lavoro delle persone che meno sopporta. Non lo vediamo mai aiutare chi è in difficoltà, anzi assume un atteggiamento che possiamo tranquillamente definire da bullo nei confronti dei più deboli (come Neville, che è terrorizzato da quel professore e per questo rende ancor meno nella sua materia). Inoltre non spiega come si può migliorare, non aiuta a comprendere gli errori e a non farli successivamente, si limita ad evidenziarli per prendere in giro chi li ha commessi e trasformarlo nello zimbello della classe ( a patto che non sia di Serpeverde, è chiaro!).
Ha delle evidenti preferenze e non riconosce le capacità degli studenti che non apprezza, come accade con Hermione Granger, indubbiamente molto brava anche nella sua materia, che però viene ridicolizzata o semplicemente ignorata durante le sue lezioni. Con chi è capace, così come con chi non lo è, non è in grado di mettere in campo un reale sostegno: neppure con i suoi amati allievi di Serpeverde – ai quali concede quasi qualunque cosa – lo vediamo agire azioni o pronunciare parole che possano avere quel sapore, la sua azione educativa è piuttosto sul versante punitivo. E laddove non può punire ridicolizza, bullizza, in due parole: toglie valore.
Se dovessi riassumere all’osso quello che si vede in lui è una totale mancanza di rispetto nei confronti dei suoi studenti. E davanti a questo nulla vale l’aver protetto Harry nella partita di Quidditch del primo anno o aver rischiato la vita per fare il doppio gioco davanti a Voldemort per anni: come insegnante ha fallito!
Dagli errori delle indicazioni
Dai suoi errori possiamo trarre delle utili indicazioni su quello da cui un educatore dovrebbe tenersi alla larga e quello a cui dovrebbe puntare per lasciare un ricordo positivo del proprio passaggio nella vita di chi ha seguito e non una paura che potrebbe diventare facilmente odio.
La prima cosa, forse la più importante, è evitare di riversare il proprio malessere sulle persone che si accompagnano a vario tutolo durante la crescita. La cosa migliore sarebbe – chiaramente – risolvere i propri problemi, essere persone senza conti aperti con il passato, ma se questo non è possibile (o si è ancora in cammino in tale direzione), va posta tantissima attenzione a non mettere su chi si accompagna la faccia di chi in passato ha provocato dolore o tentare in qualche modo di rivalersi per le esperienze negative facendo pagare il conto ad altri, magari inconsapevolmente.
Io credo che un percorso psicologico personale sia fondamentale per chiunque rivesta un ruolo educativo, specie nelle scuole, perché purtroppo è facile cadere nel tranello di essere trattati come siamo stati trattati a nostra volta e se un insegnante ha avuto la sfortuna di essere umiliato, svalutato oppure in altro modo non sostenuto adeguatamente quando era più piccolo c’è un elevato rischio che continui a fare lo stesso con i suoi alunni, semplicemente perché è ciò che probabilmente continua a fare anche con sé. Ma un percorso di acquisizione di consapevolezza ha il potere di interrompere questa catena e portare nei luoghi educativi atteggiamenti positivi di accoglienza, sostegno e fiducia che sono basilari per una crescita sana.
Credo che questo sia un passaggio necessario per poter essere giusti con tutti, per evitare di avere preferenze e di farsi guidare dai pregiudizi, per scongiurare soprattutto il rischio di calpestare il valore altrui: essere in pace con sé permette, infatti, di rapportarsi con gli altri in modo migliore, di cogliere l’essenza e la bellezza di chi si incontra e di rispettarne il valore. E questo un educatore deve essere in grado di farlo, sempre, al di là dei risultati che la persona può raggiungere o della simpatia che può infondere (siamo umani: avere simpatie è normale, farsi condizionare da esse però è oltremodo sbagliato in campo educativo).
Non è in alcun modo accettabile che un educatore umili, ridicolizzi o sminuisca in vario modo il valore delle persone di cui si prende cura: l’educatore deve, al contrario, aiutare quelle persone a riconoscere il proprio valore, deve insegnare loro a rispettarlo, affinché anche gli altri lo rispettino. Il suo compito è vedere ciò che non riescono a scorgere e far venire a galla risorse sconosciute, non misconoscere quelle esistenti.
Un buon educatore è un sostegno, in tutte le accezioni in cui possiamo immaginare questo termine. Essere un sostegno vuol dire essere una figura che di desidera accanto, non che si teme, ma vuol dire anche essere una figura che prima o poi sparirà, a patto di aver trasmesso conoscenze e competenze per cavarsela da soli (e non mi pare che Piton in questo sia particolarmente capace). Vuol dire quindi aiutare chi è in difficoltà, difendere chi viene bullizzato o in altro modo non rispettato, vuol dire accompagnare verso una crescita che è anche miglioramento dei propri risultati, vuol dire riconoscere il bello che una persona già possiede in sé.
E questo vale nelle scuole, ma anche nelle case, nelle palestre, nelle associazioni, nelle parrocchie. Dovunque ci sia qualcuno che riveste un ruolo educativo è possibile guardare a Piton e ricordarsi cosa non va fatto!