Cartoni e ruoli di genere
Alzi la mano quel genitore che in questi giorni di quarantena non ha ammorbidito le regole sull’uso della televisione o dei tablet, specie per i figli più piccoli – anche perché quelli più grandi spesso già fanno quello che vogliono.
Già immagino pochissime mani alzate, forse nessuna.
Del resto la sopravvivenza durante la fase 1, quando siamo stati chiusi tanti giorni nella stessa casa, non poneva grandi alternative, specialmente durante le ore di smart working, soprattutto quando queste non coincidevano con compiti da svolgere o lezioni online da seguire.
Ma cosa è passato per tante ore davanti agli occhi dei nostri figli?
Se sei maschio vali di più
I cartoni di oggi trasmettono spesso valori importanti, molti sono chiaramente educativi – si spazia dalla scienza all’arte, passando per l’ecologia – ed alcuni mirano anche a facilitare l’apprendimento di una lingua straniera. Ma dal punto di vista degli stereotipi di genere che immagine viene trasmessa?
Me lo sono chiesta più volte, un po’ come avevo già fatto per i film di animazione, cercando di non essere troppo critica – come dice mio marito – e di cogliere tutto il buono che qua e là si nasconde. Eppure anche qui spesso la situazione non è delle migliori.
Quello che va rilevato in primo luogo è che esiste ancora una certa distinzione tra cartoni per femmine e cartoni per maschi. Sicuramente ciò accade in misura inferiore rispetto ad anni addietro; esistono, infatti, molti format che oltre ad essere amati da ambedue i sessi, sono davvero molto adeguati in questo senso: cito “44 gatti”, “Yo Yo” o “Piccoli mostri” solo per fare degli esempi. Se però da un lato permane la tendenza a distinguere il tipo di storie narrate ed il sesso dei protagonisti delle avventure in base al target, dall’altro anche nelle storie pensate per tutti si può evidenziare come che gli stereotipi di genere faticano ad essere superati, anche in format per il resto veramente ammirevoli.
Penso ad esempio a “Sam il Pompiere”, che i miei figli amano particolarmente e che rappresenta un ottimo esempio di inclusività: la città in cui hanno luogo le avventure è popolata da uomini e donne di ogni razza ed età, il bambino con occhiali ed apparecchio invece di essere quello timido escluso dai giochi è il combinaguai della situazione, e soprattutto è presente una bambina in sedia a rotelle che partecipa ad ogni avventura dei suoi amici… insomma, un cartone moderno e attento a molte tematiche importanti, senza retorica. Inoltre tra i pompieri che risolvono ogni problema figurano anche le donne (e anche questo non è scontato), ma l’eroe è lui, Sam, ed inevitabilmente è un uomo!
Simile è il caso dei “PJ Masks” in cui è molto interessante la scelta di mostrare limiti e debolezze dei tre piccoli eroi in pigiama (e non solo quelli dei cattivi), nell’intento di far vedere come possano essere superate o come possano persino tramutarsi in punti di forza, messaggio a mio avviso molto importante. Anche qui non è assente la figura femminile, addirittura è assunta al ruolo di eroina, ma in perenne minoranza rispetto ai maschi. Così come accade in “Top Wings”, dove addirittura è una figura femminile a svolgere la mansione di meccanico, peccato che anche qui prevalga la componente maschile tra i cadetti che imparano a compiere spettacolari salvataggi.
A proposito di ruoli e mestieri è interessante anche il caso di “Daniel Tiger”, in cui la mamma è carpentiere e il papà è molto presente nella cura dei figli e della casa, peccato che anche qui il protagonista sia maschio, anche se – a onor del vero – i personaggi femminili sono in numero maggiore rispetto ad altri cartoni.
Vari sono, infatti, i format in cui la figura femminile è presente e fa parte degli eroi, ma il problema è che il più delle volte rimane una minoranza: mi viene in mente un altro cartone molto amato dai miei bimbi, “Paw Patrol”. Tra i cani cuccioli che risolvono ogni situazione figurano solo due cagnoline (contro 6 cuccioli maschi), mentre tra gli umani che fanno da cornice alle loro azioni le donne sono sempre presentate come un po’ imbranate e bisognose di aiuto. E logicamente chi coordina i cuccioli e lavora con loro, manco a dirlo, è maschio!
Chiaramente non conosco tutti i cartoni esistenti, né posso parlare di tutti quelli che conosco e quindi la mia analisi è per forza di cose parziale, ma dal mio limitato punto di osservazione non posso certo dire che il femminile non sia rappresentato e né tanto meno che sia sempre e solo rappresentato in base a degli stereotipi. Il problema maggiore, forse, è che di solito è una presenza minoritaria. Come se la scena da protagonista debba rimanere appannaggio prevalentemente della figura maschile. E questo messaggio arriva forte ai bambini, che iniziano a distinguere tra ruoli da femmine e ruoli da maschi anche a partire da questi esempi (e personalmente quest’idea non mi riempie di gioia!).
Prendendo in prestito un concetto caro alle femministe potremmo quasi dire che il soffitto di cristallo – quella situazione in ambito lavorativo per cui alle donne è bloccato l’accesso ai vertici solo in ragione del sesso di appartenenza – esiste anche nei cartoni!
Se sei femmina hai bisogno del principe azzurro
Chiaramente la situazione cambia se analizziamo cartoni dedicati solo ai maschi, intrisi spesso di violenza (dai “Pokemon” di qualche anni fa ai più moderni “Gourmiti”) con tutte le conseguenze che possiamo immaginare a livello educativo, e quelli pensati solo per le femmine. In questo ultimo caso bambine e ragazze, principesse e piccole maghe diventano protagoniste assolute, spesso senza una controparte maschile (“La principessa Sofia”, “Elena di Avatar”, “Ruby Arcobaleno”, “Shimmer e Shine”…) o, come accade nei format dedicati alle bimbe un po’ più grandi, con la presenza di uomini nella figura di fidanzati adorati e che molto spesso assurgono al ruolo di salvatori (un esempio su tutti è quello delle “Winks”).
Mi chiedo: quali modelli arrivano ai nostri figli?
Che idea avranno della donna e dell’uomo? Quali desideri e quali sogni si sentiranno spinti ad avere? Mi preoccupa che i bimbi ritengano naturale avere il posto di comando (o prenderselo con la violenza) solo perché nati maschi e che le bimbe pensino di poter primeggiare solo in assenza dell’altro sesso o di aver bisogno di esso per risolvere i propri problemi.
Mi preoccupa che i bambini possano aspirare a diventare qualsiasi cosa, mentre ancora una volta le bambine spesso siano invitate a sognare solo il principe azzurro, anche se “Barbie” prova a dire loro che possono essere tutto ciò che desiderano.
Perché di fondo è questo che stiamo dicendo loro attraverso molti cartoni.
Basterà un esempio controcorrente dato quotidianamente dai genitori a modificare simili pensieri?
Ho paura che non sia sufficiente. Sia perché non so in quante case venga concretamente dato questo esempio controcorrente – a fatti e non a parole -, sia perché spesso succede che inconsapevolmente a scuola vengano trasmessi messaggi che vanno in una direzione ben precisa: di qua i maschi, di là delle femmine, quello che fa per uno non fa per l’altra! E per quanto i bambini sappiano che le cose non stanno così, se la tv, la scuola, le favole e magari anche alcuni familiari continuano a dire altro, finiranno col crederci!
Allora che fare?
Di certo non mettere al bando tutti cartoni, ma magari semplicemente di tanto in tanto commentare quello che si vede e far notare come la realtà sia diversa o come sarebbe ancora più bella se fosse diversa da come viene presentata.
E ancor più aiutarli a mettere in pratica una parità concreta attraverso i piccoli servizi che i bambini possono prestare in casa, a patto che ciò che viene chiesto loro li faccia uscire da quegli stereotipi che fin troppo spesso si tramutano in gabbie. Quindi via libera a bambini che lavano i piatti e bambine che usano cacciaviti e martelli. Senza forzare, ma senza porsi limiti mentali!