Quando la rabbia diventa conflitto
La rabbia è un’emozione primaria, innata, che proviamo quando ci sentiamo in qualche modo “calpestati” o non rispettati da qualcuno. Non è un’emozione sbagliata o negativa, come molti credono, anzi si rivela molto utile quando ci aiuta a comprendere che è arrivato il momento di far sentire la nostra voce per chiedere – possibilmente in modo assertivo ed educato, come spiegavo qui – di “toglierci i piedi dalla testa”.
Come tutte le emozioni, anche la rabbia “anima” spesso la vita di coppia, creando in alcuni casi qualche problema più o meno grave! Non è facile, infatti, gestire la rabbia di un partner, soprattutto quando è diretta nei propri confronti e spesso, invece di provare a comprendere cosa le abbia dato vita e come risolvere quella situazione, si finisce con lo sperimentare a propria volta rabbia. E quando a scontrarsi sono due muori di rabbia non è detto che vada sempre bene: ci sono le coppie in cui i partner hanno imparato che dopo aver lasciato sfogare l’emozione è possibile dialogare con maggior serenità, così da risolvere i problemi, ma ci sono anche le coppie che all’esplosione della rabbia fanno seguire giorni di silenzio o di reciproche frecciatine, fino a che il risentimento e l’irritazione non svaniscono da soli, senza però mai affrontare le questioni irrisolte che nel tempo si accumulano inesorabilmente.
Cosa si può fare allora perché la rabbia non diventi conflitto o perché, una volta diventata conflitto, non diventi un muro insormontabile? Proviamo a vederlo insieme.
Per prevenire il conflitto
Chiaramente i conflitti nascono solo perché un partner ha espresso la propria rabbia nei confronti dell’altro, ma di certo in ogni conflitto è forte la componente emotiva e in particolare è sempre accesa la spia rossa della rabbia. Per evitare che questa spia inizi a lampeggiare, esistono dei trucchetti che possono aiutarci a prevenire un conflitto di coppia.
Il primo è quello di evitare pregiudizi e valutazioni rispetto a ciò che il partner dice o fa quando è arrabbiato, perché un simile atteggiamento lo metterebbe sulla difensiva: la reazione più comune di fronte ad una critica è, infatti, quella di difendere il proprio operato o le proprie idee perché spesso di ha l’impressione che l’altro si reputi superiore (e questo in una coppia non è mai piacevole!). Perciò è decisamente meglio limitarsi a fare osservazioni oggettive, preferibilmente sugli eventi piuttosto che sulla persona e su ciò che sta provando, così da poter esprimere il proprio parere senza ferire l’altro, aprendogli magari gli occhi su una nuova possibile lettura di quello che sta avvenendo.
Un secondo consiglio per allontanare il rischio di un conflitto è evitare di “leggere la mente” dell’altro: se non mi è chiaro qualcosa di ciò che sta facendo o pensando è bene fare delle domande, dare la possibilità di spiegare, piuttosto che provare ad interpretare, attribuendo magari all’altro intenzioni che non sono sue. Questo in modo speciale quando c’è di mezzo la rabbia, perché non tutti provano rabbia per lo stesso motivo e ciò che fa “scattare” me non è sempre ciò che fa irritare il mio partner, quindi meglio verificare bene. E quando il partner ci parla di ciò che sta provando è importante accogliere il suo vissuto e, se qualcosa non è chiaro, è bene farselo spiegare, perché essendo naturalmente diverso dal proprio e pertanto relativamente incomprensibile, è facile che venga interpretato male.
Infine, se siamo noi in prima persona a provare la rabbia, bisogna imparare ad esprimere quello che stiamo provando, senza incolpare l’altro per questa emozione, e ad esprimere i propri bisogni, senza pretendere che siano soddisfatti sempre e comunque.
Approfondiamo meglio cosa significa e in cosa consiste quanto ho appena detto.
Comunicare le emozioni
Non per tutti è semplice comunicare le proprie emozioni, specie quando parliamo della rabbia: ci sono persone che si vergognano o si sentono in colpa per il fatto di provarla, persone che hanno imparato che non è bene mostrarla, altre ancora che non riescono a comprendere da cosa dipenda. Eppure per non correre il rischio di un conflitto è importante sapere parlare serenamente di quello che accade dentro ciascun partner, trovando insieme il modo per prendersi cura dei bisogni che anche la rabbia, al pari di ogni emozione, racchiude.
Comunicare adeguatamente la rabbia consiste nell’esprimere chiaramente quello che si prova senza però addossarne la responsabilità all’altro, come dicevo prima, bensì facendosene carico: per quanto l’altro possa provocare una certa situazione, la “scelta” di rispondervi con la rabbia è solo mia. Un’altra persona al mio posto potrebbe reagire con un’emozione diversa semplicemente perché potrebbe interpretare diversamente la situazione che sta avendo luogo.
Come ho già avuto modo di spiegare altre volte, per comunicare in questo modo si possono usare i cosiddetti «messaggi-Io», in cui oltre ad esprimere il proprio sentimento, si indica la situazione specifica in cui è stato sperimentato. Ad esempio invece di dire: “Tu mi fai arrabbiare”, è decisamente meglio dire: “Io mi sento arrabbiata quando non ascolti quello che ti dico”. In tal modo oltre ad evitare di giudicare l’altro responsabile di quello che si sta provando, si esprimono gli effetti che una precisa situazione ha su di sé sia a livello emotivo che pratico: così il partner sa cosa comporta un certo modo di agire e può scegliere di non metterlo in atto in futuro!
C’è poi un secondo passaggio da non sottovalutare: con i messaggi-Io possiamo non fermarci ad esprimere quello che stiamo vivendo a livello emotivo, ma possiamo arrivare a definire ciò che desideriamo a partire da quel vissuto. Continuando l’esempio precedente potrei dire: Io mi sento arrabbiata quando non ascolti quello che ti dico e vorrei che prestassi più attenzione alle mie parole. Spesso si crede che se chiediamo all’altro di fare qualcosa per noi, il suo gesto avrà poi un valore inferiore rispetto ad un gesto spontaneo, ma questo non è assolutamente vero. Vorremmo che gli altri ci leggessero nella mente e facessero ciò che desideriamo, motivo per cui spesso restiamo in attesa di determinati gesti o parole che mai arriveranno. E magari ci arrabbiamo per questo motivo! La realtà non è che l’altro non ci ama, ma semplicemente che non sa che cosa desideriamo e nel frattempo può succedere che provi ad indovinarlo, facendo qualcosa che magari a noi arreca fastidio, dando vita ad incomprensioni e problemi.
Possiamo e dobbiamo chiedere! Senza paura che il partner possa fare ciò che noi desideriamo solo per essere gentile e non perché ne abbia voglia: una volta che io ho chiesto (a patto che lo faccio in modo assertivo, con gentilezza e nel rispetto di ciò che è), è compito dell’altro scegliere se assecondarmi o meno, non sta a me preoccuparmi per il motivo per cui lo farà. Al massimo posso impegnarmi affinché la nostra relazione sia autentica, cosicché qualunque scelta possa essere libera.
Quando c’è un conflitto
Può succedere che, per quanto si comunichino bene le emozioni, si arrivi ugualmente ad un conflitto: capita e le ragioni possono essere davvero molte. Quando arriva non bisogna pensare che sia un problema per la coppia: il conflitto non è il problema, il problema c’è quando non viene colta l’opportunità per trasformarlo in occasione per comprendersi meglio.
Come di certo avrete avuto modo di sperimentare anche voi, non sempre il momento del conflitto, specie se si tratta di uno di quelli intensi, è il momento adatto a comprendersi meglio. In queste situazioni dovremmo piuttosto imparare a disinnescare e/o riparare prima che la discussione degeneri: le ricerche mostrano, infatti, che riparazioni effettuate nei primi tre minuti hanno molte più probabilità di essere accettate dal partner rispetto ai tentativi fatti in seguito, quando la negatività assume maggiore forza. Questo, sia chiaro, va fatto non per evitare tout-court la discussione, bensì per evitare di arrivare al punto di rottura. Se ci si ferma prima, sarà più facile in seguito sedersi l’uno di fronte all’altro per chiarirsi.
Non sempre è facile però fermarsi: come si può disinnescare un conflitto? Di solito è meglio evitare di farlo sulla base di questioni logiche, si ottengono migliori risultati mostrando vicinanza emotiva al partner, comunicando la comprensione per ciò che sta sperimentando. A volte basta semplicemente cambiare argomento per disinnescare la conflittualità, l’importante è non negare i problemi: se ne dovrà poi parlare dopo essersi calmati.
Può succedere che sia il partner a provare a porre per primo riparo a quello che è successo: è importante allora imparare ad accogliere i tentativi di riparazione dell’altro, per quanto piccoli o maldestri possano essere, senza rigidità. Spesso sono proprio queste piccole offerte di amore che permettono di riconnettersi quando ci si sente disconnessi. Se invece siamo noi a fare questo tentativo è fondamentale evitare di accompagnare i tentativi di riparazione con messaggi in cui si attribuisce la colpa delle proprie azioni al partner, i quali chiaramente andrebbero ad annullare l’effetto positivo (ad es: “sono stato piuttosto scontroso ultimamente, ma dipende dal fatto che mi stai ignorando”). Sappiamo già che è decisamente più saggio usare i messaggi-Io per aiutare il partner a comprendere il proprio punto di vista sulla situazione senza farlo sentire sotto accusa.
Forse la cosa più importante di tutte è ricordare che il partner non è un nemico, bensì una persona che si ama, per cui il conflitto è qualcosa di temporaneo, per quanto fastidioso, non di permanente. In questo modo è più facile accettare anche errori o mancanze occasionali del partner e raggiungere il compromesso. Chiaramente questo non significa accettare tutto dal partner (il rispetto non deve mai venire meno!), ma essere aperti al dialogo.
Parlare, infatti, è l’unica soluzione ai conflitti. E se non sapete come farlo, vi suggerisco qui 6 punti che possono guidarvi. So che può sembrare strano seguire una sorta di checklist per venire a capo di situazioni emotivamente coinvolgenti (se non proprio sconvolgenti), ma questo aiuta a mettere la testa su quello che sta succedendo e a non lasciarsi trascinare nel vortice delle emozioni.
Ecco i 6 punti:
1. giungere ad una definizione comune del problema: è bene collaborare per identificare il problema e la sua origine, facendo attenzione a considerare entrambe le prospettive;
2. fare un brainstorming sulle strategie risolutive: ogni partner può proporre diversi modi in cui il problema potrebbe essere risultato, anche i più fantasiosi;
3. valutare le proposte per la soluzione: si verifica la fattibilità di quanto in precedenza proposto e l’effettiva efficacia per la soluzione del conflitto;
4. scegliere la soluzione, in base all’efficacia che si suppone possa avere;
5. mettere in atto la soluzione, facendo ognuno la propria parte;
6. verificare i risultati ottenuti, per comprendere se ha funzionato o meno.
C’è poi un ultimo suggerimento da tenere bene a mente: ogni volta che c’è un’interazione negativa – per quanto risolta – è bene farla seguire da almeno cinque interazioni positive (piccole attenzioni, gesti di cura o di servizio, dimostrazioni di affetto…), di modo che si possa porre rimedio a ciò che è andato storto e sia ristabilito un equilibrio. Solo in questo modo il conflitto si potrà trasformare in occasione per conoscersi meglio e per crescere insieme.