La libertà di essere sé stessi
Il mio primo figlio (che ad oggi ha 9 anni) ha sempre pensato di voler fare lo scienziato o l’ingegnere da grande, mettendo in chiaro che gli piace studiare, imparare tante cose e usare le conoscenze per inventare qualcosa di utile. Al contrario di lui, il secondo (che ora ha 6 anni) tempo fa ci disse che da grande avrebbe voluto fare il camionista. Nel tempo sono cambiate le ambizioni, ma fondamentalmente niente di ciò che sembra appassionarlo prevede lunghi anni di studio. Per quanto sia chiaro che sono entrambi troppo piccoli per decidere qualcosa del loro futuro, la diversità dei loro progetti mi ha portato ad interrogarmi più volte sulla mia capacità di sostenerli allo stesso modo se dovessero scegliere percorsi così diversi, nonché sulla mia capacità di lasciarli davvero liberi di scegliere cosa vogliono per sé.
Di base questo è come ogni genitore dovrebbe agire, perché ogni figlio ha il diritto di decidere cosa vuol fare della propria vita, ma la realtà ci dimostra che non è affatto facile muoversi in questo modo, perché spesso attraverso i figli vorremmo che fossero realizzate le nostre ambizioni o che viviamo come se il loro successo fosse la dimostrazione delle nostre capacità (genitoriali e non solo). Per non parlare dei genitori che vorrebbero che i figli seguissero le loro orme e fossero in qualche modo la loro fotocopia.
Libertà e protezione
Pensando a quanto sia difficile per alcuni genitori evitare di indirizzare ogni passo dei figli, mi viene da dire che i casi sono due: o crescendo siamo stati lasciati liberi dai nostri genitori oppure siamo stati più o meno “costretti” a seguire le loro indicazioni. Nella prima eventualità, perché mai privare i figli della stessa opportunità? Nel secondo caso, quale può essere il motivo per infliggere ad un figlio la stessa sofferenza?
Chiaramente la libertà da sola non può essere uno strumento educativo sufficiente. Come amo dire (ne parlo ad esempio nell’articolo Protezione e libertà: due voci del verbo amare ma anche nel mio libro Manuale di incantesimi per apprendisti educatori), la libertà va sempre equilibrata con la protezione, perché i figli vengono al mondo senza sapere nulla di come funziona il mondo e hanno bisogno di una guida, di qualcuno che gli insegni loro a comprendere la realtà e a capire come muoversi in quella realtà. Pensare di dare ai figli solo la libertà equivarrebbe a privarli di questa guida che, invece, è assolutamente necessaria: basti pensare all’importanza del trasmettere dei valori che fungano da luce che orienta i passi dei nostri ragazzi. Eppure se eccediamo nella protezione finiamo col voler fare le cose al posto dei figli, con il voler scegliere cosa è meglio per loro senza vivere la loro vita. In altre parole li priviamo della libertà di sperimentarsi e ancor più della libertà di essere sé stessi.
Donare libertà
Cosa significa allora lasciare un figlio libero, senza dimenticarsi di proteggerlo (e poi di insegnargli a proteggersi da solo)?
Non significa affatto permettere ad un bambino o ad un ragazzo di fare qualsiasi cosa voglia, né implica evitare le regole come se fossero il male assoluto. Significa piuttosto dargli la possibilità di mettersi alla prova, di testare le proprie forze e le proprie competenze, in modo sicuro e protetto, ma senza privarlo di quello che è l’unico modo di costruire fiducia in se stesso. Solo chi è libero di mettersi alla prova e anche di sbagliare può comprendere chi è veramente e cosa vuole per sé. Togliere ad un figlio la libertà di compiere un errore non equivale, infatti, a proteggerlo in modo sano: ognuno di noi deve passare anche dalla frustrazione del fallimento per dare forma alla propria identità ed imparare a rialzarsi con le proprie forze dopo una caduta.
La cosa più importante di tutte, però, è lasciare bambini e ragazzi liberi di mostrarsi come sono, senza doversi fingere perfetti o accomodanti pur di essere apprezzati da mamma e papà. Senza volerlo, infatti. molte volte lasciamo passare il messaggio che per avere l’attenzione e l’amore dei genitori i nostri figli devono assomigliare il più possibile all’idea che abbiamo di loro: ciò equivale a dire loro che così come sono non vanno abbastanza bene, che devono essere altro da sé, di più di ciò che sono attualmente. Equivale a chiedere loro di cambiare (o fingere di essere diversi) oppure a far di tutto per ottenere risultati sempre maggiori. E i bambini sono così assetati dell’amore di mamma e papà che sono disposti a perdere se stessi, la loro identità, pur di ottenerlo!
La libertà più sana che esista, invece, passa dall’amare il figlio per quello che è, permettendogli di sviluppare la sua natura (pur correggendo eventuali comportamenti o atteggiamenti errati). In tal modo saprà farsi valere per ciò che è, senza cambiare la propria essenza nella continua rincorsa all’affetto altrui. Solo in questo modo potranno comprendere ciò che li rende felici (ossia quello che rende felici loro e non altre persone) e impegnarsi per raggiungere quel traguardo.
Se vogliamo è ciò di cui ha parlato Jannik Sinner dopo aver vinto l’Australian Open. Che i suoi genitori gli avessero dato sani principi e valori, lo aveva già ampiamento detto e dimostrato, quel giorno ha evidenziato come gli abbiano lasciato anche la libertà di scegliere per sé, senza fare pressioni inopportune. E in questa libertà ha potuto trovare il campo in cui brillare, portando a pieno frutto il proprio talento.
Vorrei che tutti avessero dei genitori come quelli che ho avuto io, mi hanno permesso di scegliere quello che volevo, anche da giovane. Non mi hanno mai messo sotto pressione.
Auguro a tutti i bambini di avere la libertà che ho avuto io
Jannik Sinner